Non furono molti, fino a Novecento inoltrato, gli emigrati veneti che trovarono lavoro nella grande industria.
I primi espatri consistenti di soggetti destinati a essere occupati nelle fabbriche d'oltre confine avvennero all'inizio degli anni quaranta, nell'ambito della collaborazione instauratasi tra regime fascista e Germania nazista. Si trattò di quasi trecentomila tra edili, minatori e metalmeccanici italiani avviati in campi di lavoro militarizzati che, dopo l'8 settembre 1943, diventarono per molti campi di lavoro coatto.
Ma fu soprattutto nel periodo successivo alla guerra e fino ai recenti anni '70 che esplose l'emigrazione operaia, riversando, prevalentemente nei mercati europei, altre centinaia di migliaia di veneti: l'11% del flusso nazionale. Anche in questo caso, l'esodo appare causato dalla concomitante azione di fattori espulsivi ed attrattivi, connessi, questi ultimi, alle politiche di paesi che, come la Francia, la Svizzera e la Germania, avevano progettato uno sviluppo economico basato sull'immigrazione di forza lavoro.