Nella seconda metà dell'Ottocento, le condizioni di vita dei contadini veneti peggiorarono nettamente per tutta una serie di fattori concomitanti:
- il forte incremento naturale della popolazione, effetto della diminuzione della mortalità in presenza di una natalità ancora altissima;
- la contrazione dei redditi contadini provocata, in tutta Europa, dalla caduta dei prezzi dei prodotti agricoli e, nel Veneto in particolare, da alcune annate meteorologicamente disastrose, dalla malattia delle viti e del baco da seta e da un incremento dei fitti e del prelievo fiscale;
- l'aumento della disoccupazione, connesso a fenomeni, sia pure lenti, di modernizzazione dell'economia, con l'introduzione di nuove macchine e la progressiva scomparsa di antichi lavori.
Ampi strati della popolazione scesero sotto il livello di sussistenza, tanto che la pellagra - malattia da sottoalimentazione - si diffuse paurosamente. Per contadini e braccianti ridotti alla miseria non restava che un'alternativa drammatica: languire o fuggire. Se ne andarono in molti, talvolta sbattendo la porta, come testimoniano i sonetti del poeta Barbarani.
Nel primo Novecento, le condizioni di vita migliorarono sensibilmente; tuttavia l'arretratezza dell'agricoltura e la disoccupazione endemica continuarono ad alimentare consistenti correnti migratorie.
Nel secondo dopoguerra, la grande maggioranza dei giovani abbandonò l'agricoltura, ancora una volta per emigrare o, in alternativa, per entrare nelle nuove fabbriche del Veneto.