Nel Brasile degli anni Settanta erano delle Commissioni governative, stabilmente presenti in ognuno dei dipartimenti di nuova colonizzazione, che assegnavano i lotti agli immigrati: mediamente dai 25 ai 50 ettari di foresta da coltivare. Il debito contratto per l'acquisto, assieme a quello necessario per provvedersi dei primi arnesi, delle sementi e degli animali, veniva saldato dai coloni con il ricavato dei raccolti iniziali e con prestazioni gratuite di manodopera, nella stagione invernale, per aprire le strade di collegamento tra i lotti e con le città
Per disboscare il terreno, in modo da renderlo coltivabile, si procedeva all'incendio della vegetazione, abbattendo poi i grossi tronchi rimasti. Seguivano le prime colture che davano raccolti sempre più copiosi e in pochi anni molti coloni videro realizzarsi il sogno che li aveva forse spinti a partire: diventare proprietari di terra.