La prima casa del colono era una capanna di tronchi, rialzata per difendersi da pantere - chiamate erroneamente 'tigri' - e da serpenti, coperta con il fogliame della foresta ed affiancata dal recinto per gli animali. Nel giro di qualche anno, se erano copiosi i raccolti, anche l'abitazione diveniva più accogliente e sicura. Agli inizi del '900 la fattoria dell'emigrante veneto riograndese si presentava in genere rialzata, con le pareti di tavole ben livellate e connesse, con il tetto a scandole che si allungava spesso sulle travature e le colonne di un porticato. Cominciavano ad essere utilizzati anche i mattoni, dapprima fatti sul posto e cotti al sole, poi prodotti da vere fornaci là dove andavano sorgendo nuovi villaggi, divenuti nel tempo 'citadi'. E chi vi approdava, ritenendo più remunerativo un servizio alle dipendenze dello stato, un'attività commerciale o la costituzione di una piccola impresa, realizzava spesso splendidi edifici, secondo i modelli e le architetture tipici dei centri urbani dell'epoca.