2003 - Fotostorica 25/26 Novembre 2003

 
 
 
 
 
 
 
Scolaresca veneta all'uscita dalla scuola. Primo '900
Scolaresca veneta all'uscita dalla scuola. Primo '900

Dossier: La scuola nel Veneto - Storia per immagini

 


REGIONE DEL VENETO   Assessorato alle Politiche per la Cultura e l'Identità Veneta
PROVINCIA DI TREVISO   Assessorato ai Beni Culturali
A cura di   Adriano Favaro
In collaborazione con   Museo dell'Educazione - Università degli Studi di Padova

 

La scuola nel Veneto
Ermanno Serrajotto
Assessore regionale alle Politiche per la Cultura, all'Identità Veneta, Istruzione, Diritto allo Studio e Rapporti con gli ESU

La “Storia per immagini” della Scuola nel Veneto parla da sola. Desidero che siano appunto le immagini, sapientemente raccolte, ad accompagnarci in una riflessione singola e collettiva. In un momento in cui sempre più frequentemente entriamo in contatto e ci confrontiamo con altre culture è fondamentale essere forti della propria e conservare e tramandare la memoria di ciò che siamo stati e siamo, per soddisfare l’indispensabile bisogno di appartenenza che ciascuno di noi manifesta in relazione alla sua comunità, per comprendere come i meccanismi di ogni cultura umana siano sostanzialmente gli stessi.
La scuola e gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale nell’aiutare i giovani a selezionare, a personalizzare, a dilatare la formazione che ricavano dal loro ambiente nel contatto con altri ambienti, nell’aiutarli a ricavare nuove esperienze significative, nel ricondurre la molteplicità dei valori culturali a una capacità di tradurli in stimoli e in forze per una personale crescita.
Le grandi trasformazioni che investono la società contemporanea hanno toccato significativamente anche il mondo dell’istruzione. In un periodo così profondamente caratterizzato dall’introduzione di molteplici innovazioni strutturali, ritengo fondamentale che ci sia la piena coscienza che il sistema scolastico veneto rappresenta l’elernento centrale e determinante per lo sviluppo culturale e sociale oltre che economico della regione poiché, congiuntamente con l’istituzione familiare, è elemento formativo della persona e del cittadino consapevole e responsabile.
La scuola è una realtà in continuo movimento, mi pare comunque importante sottolineare alcune “costanti” che, nei decenni, hanno reso “riconoscibile” Ia Scuola, e quella veneta in particolare. Essa rappresenta dapprima l’uscita dal nido familiare, poi lo specificarsi di un rapporto di alterità {col maestro e/o con la maestra), poi ancora la personalizzazione del principio di autorità/autorevolezza (il preside, il docente), infine, l’esperienza di un gruppo (il gruppo-classe, insieme complice e vittima di intricati ed adoIescenziali rapporti). Essa rappresenta sempre la sede formale in cui conoscenze ed apprendimenti cercano di convivere, per saperne di più, per “essere”, di più. Ripercorrerne il suo sviluppo consente da un lato di non smarrire la Memoria e, d’altro lato, di isolare gli elementi di caducità, troppo legati ad eventi e circostanze.

 

 

Il gruppo fotografico
Italo Zannier

Nella storia della fotografia, il gruppo “in posa” è un soggetto precoce; basti ricordare quello composto da quattrocentosettantaquattro persone, eseguito in fotomontaggio, collegando fotografie realizzate separatamente in precedenza, da Hill e Adamson, pionieri del calotype, che è una tecnica di fotografia su carta (1840), quasi coeva a quella del dagherrotipo.
La “foto di gruppo” più diffusa è quella della famiglia, riunita in occasioni celebrative, un'occasione per esserci tutti, vecchi e giovani, e i più piccoli accovacciati in prima fila; la sistemazione era piramidale e spettava al fotografo definire la scena, con al centro le persone più importanti.
Negli atelier si predisponeva il fondale dipinto a colori tenui con effetti flou, un tappeto sul pavimento e qualche eventuale mobile in primo piano, una balaustra ad esempio, per arricchire la scena. Poi tutti con lo sguardo all'obiettivo, un sorriso se possibile, e ... Ciac; una seconda lastra, per sicurezza era d’obbligo.
L’immagine “di gruppo” era già stata affrontata dai pittori, come la storia dell’arte insegna, incentivata comunque nel XIX secolo, quando c’era anche la fotografia a intensificarne la produzione, più economicamente e con maggiore fedeltà fisiognomica. La fotografia pretendeva una posa piuttosto lunga, ma sempre meno estenuante di quella richiesta da un pittore, e questi approfittarono subito del “modello fotografico”, come aveva fatto Hill, con i calotypes di Adamson.
All’aperto si predisponeva uno spazio orientato nella luce “giusta” a un’ora determinata; affinché “tutte” le persone presenti risultassero nell’immagine, si preferiva utilizzare una scaletta, sulla quale si facevano salire i fotografandi; questa messinscena era consueta nei collegi e nelle scuole in genere, per il rito di fine anno, o a carnevale, tutti in maschera.
Poi i giochi ginnici; ancora fotografie “di gruppo”, meglio se dall’alto, ossia da una tribuna, per cogliere il disegno coreografico nell’insieme.
Nel ’900, la fotografia di gruppo ebbe particolare successo, anche perché “unificava”, in modo celebrativo, le varie “squadre”: militari, operai, contadini e i matrimoni, le “prime comunioni”, le cresime ...; tanti bambini, che si rivedono dopo trent’anni, cercando di riconoscere i vecchi amici.
Naturalmente, la “foto di gruppo” più diffusa è quella della “squadra di calcio”; sono immagini che “odio”, perché sono tutte eguali, clonate come quella pecora Dolly, tutte eguali queste fotografie, cambiano soltanto le divise, per chi sa riconoscerie.
La fotografia di gruppo ha sviluppato anche un piccolo business della fotografia, perché quasi tutti i componenti del “gruppo” ne acquistano una copia e tutti noi ne conserviamo amorosamente, gelosamente, qualcuna, vecchia o recente, nell’album di famiglia; a volte ritroviamo noi stessi.
Gli amici, e il tempo passato; sono fotografie struggenti, sempre, e se non lo sono al momento, lo diventeranno.
(da PERIPLO - n. 1/2000 IRRSAE Veneto)

 

 

 

La scuola veneta, una storia per immagini
Adriano Favaro   Direttore responsabile Fotostorica

Dalla ricerca per la strutturazione della carrellata di immagini di questo speciale, sulla storia della scuola veneta negli ultimi cent’anni, si è ricavata anzitutto la conferma della consistenza e dell’importanza del materiale fotografico (vetri per lanterna magica, lastre negative, stereoscopie, pellicole negative, stampe, spesso raccolte in album, in cassettini, scatole, armadi, sottoscala ecc.) conservato negli archivi scolastici: materiale stratificatosi nei decenni senza direttive specifiche emanate dall’alto, piuttosto per una diffusa consapevolezza del corpo insegnante dell’importanza del materiale fotografico, se non altro quale documentazione, testimonianza, fonte di memoria. Solo grazie a questa consapevolezza individuale le fotografie sono andate accumulandosi negli anni nei locali e nelle situazioni più diverse negli istituti. Molto materiale è stato distrutto, quel che rimane è ancora là, lasciato all’iniziativa e passione per la materia del singolo insegnante, del personale impiegatizio, dei bidelli. Certo è che nessun specifico criterio di conservazione e archiviazione di questo materiale fotografico è stato osservato e non poteva che andare così: piuttosto dobbiamo essere contenti che sia giunto sino a noi qualcosa e fare il possibile per salvaguardarlo. Si impone pertanto una iniziativa scientifica di censimento e salvaguardia di questo materiale fotografico: tra l’altro da più parti sono giunte segnalazioni a chi scrive, nel corso dei contatti intrapresi per la redazione di questo speciale dossier, sul notevole gradimento per una mostra fotografica itinerante sul tema della
storia della scuola. In effetti i ragazzi della scuola dell’obbligo del nostro tempo guarderebbero con grande meraviglia la condizione in cui studiavano i loro coetanei di cent’anni fa: noterebbero subito lo stridente contrasto tra il lusso di oggi, fatto di abbigliamento firmato da importanti designer, e quello poverissimo di un tempo; noterebbero classi riscaldate da stufe a legna, iconografie desuete alle pareti, banchi, astucci, cartelle, penne e quant’altro faceva parte del corredo scolastico di un ragazzo di un tempo, il tutto molto diverso dai materiali tecnologici di oggi. Le differenze tra la condizione di ieri e quella attuale balzerebbero agli occhi in particolare osservando le calzature di allora che vediamo ai piedi di questi bimbi presenti nelle fotografie storiche: ai loro piedi vediamo infatti scarpe di taglie esagerate, le scarpe dei fratelli più
grandi riciclate, altre volte osserviamo babbucce di stoffa, spesso con la suola di feltro, che dovevano difendere ben poco dalle piogge invernali, “galosce” sulle cui suole si possono agevolmente contare oltre 50 chiodi con puntali di metallo che rendevano la calzatura indistruttibile. E quanta malinconia trasmetterebbe (in questa ipotetica mostra) quella fotografia degli scolari della colonia marina a lezione sulla spiaggia: decine di ragazzi e ragazze, braccia dietro alla schiena, seguono impettiti la nera figura della suora ritta a fianco della lavagna, in un contrasto stridente tra la compostezza degli scolari e lo splendido scenario delle dune ancora selvagge, con sullo sfondo il nostro mare.  

 

 

Il tirocinio   Matilde Serao (1856-1927)
Aspettavamo i giorni di tirocinio con una ansietà segreta. I giorni di lezione erano monotoni, spesso tristi. Noi studiavamo senza voglia, malamente, con programmi incerti, con professori troppo severi e assolutamente inetti.
Eravamo già maestre e l'essere trattate da scolarette ci umiliava, ci stizziva. A casa, qualcuna di noi aveva la povertà, quasi tutte una miseria decente – e chi un fratello ebete, chi un padre paralizzato, chi una matrigna tormentatrice, qualche piaga celata con cura, qualche vergogna nascosta con una nobile pietà, qualche infelicità, qualche ingiustizia del destino, a cui la rassegnazione era completa. Non erano allegri i nostri diciotto anni, e le aride lezioni di aritmetica, di pedagogia, di geografia, finivano col ravvolgerci in un ambiente di malinconia.
Ma il tirocinio ci salvava dalla tetraggine, rompendo la monotonia, dandoci un giorno di pausa. Eravamo trenta e ne scendevano tre al giorno al pianterreno, nelle scuole elementari: così il turno capitava ogni dieci giorni.
In questo benedetto decimo giorno, le tirocinanti indossavano l'abito nuovo se lo avevano, e, se non lo avevano, mettevano un colletto pulito, un fiocco di nastro per cravatta: si pettinavano meglio, qualcuna si faceva i ricciolini.
Entravano in classe alle otto, dicevano la preghiera, segnavano la presenza sul registro, e stavano lì, distratte, con gli occhi trasognati, aspettando le nove per andar giù, mentre le amiche mormoravano:
– Beate voi che andate al tirocinio!
Risalivano alle due, molto riscaldate in volto, coi capelli un po' arruffati, con gli occhi lucenti, stanche, ma felici, felici di quelle ore passate fra le bimbe, felici di quel primo contatto, di quelle prime lezioni date timidamente, contente di quella nuova dignità conquistata. E narravano alle altre quello che avevano spiegato alle piccine, l'addizione sul pallottoliere, i dittonghi e la maglia di calza: dicevano che le piccine erano tanto carine, tanto intelligenti, alcune tranquille, alcune insolenti, che la maestra titolare lasciava fare tutto alla tirocinante, che insegnare era un po' duro, ma che infine diventava un piacere.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

 

 

La casa della scuola
Mentre nei centri cittadini molti istituti scolastici potevano vantare una lunga tradizione e disponibilità di aule, nelle campagne vi era una situazione spesso caratterizzata dalla precarietà, cui si cercò di mettere rimedio con appositi provvedimenti legislativi fin dal 1878. Notevoli interventi per l’edilizia scolastica vennero effettuati nel ventennio fascista ed anche l’edilizia, come si può notare dalle immagini qui riprodotte, seguì i dettami del regime fascista e spesso i fasci littori, i bassorilievi, gli affreschi decorativi, i mosaici, le dediche stesse delle scuole concorrono a formare il culto del Duce. Gravi danni al patrimonio edilizio delle scuole venete verranno arrecati dagli eventi bellici del secondo conflitto mondiale. ATreviso ad es. sono completamente distrutte le Scuole Aristide Gabelli, De Amicis e Manzoni, la Scuola Industriale, il Collegio San Nicolò per poveri e orfani, il Liceo Ginnasio Antonio Canova.

 

Nella scuola "Reggia Carrarese"   Dina Omodeo Calandra (1886-1986)
Padova, la dotta, mi accolse in una scuola che era ben diversa da quella vicentina e che non ho più dimenticata. Veniva chiamata la Reggia carrarese e a me sembrò veramente una reggia quando oltrepassai il cancello e mi sedetti su un banco della mia classe. Ero già più grandina e le mie impressioni erano quindi più precise. La maestra doveva essere certamente brava. Perché questo mio apprezzamento? All'inizio dell'anno scolastico io ero dominata dall'incubo dei numeri. Più le cifre erano numerose e più le gambe mi tremavano e lo stomaco mi doleva. Non sapevo leggere rapidamente quei numeracci lunghi lunghi. Ebbene, quell'insegnante fu così abile che, come bolla di sapone, la mia paura si dissolse e fui lodata e diventai brava. Capii allora l'efficacia della lode. Fu un tonico per me, generatore di energie e di amore allo studio. Trovai però strana un'abitudine che dentro di me disapprovai. Quando facevamo gli esercizi in classe costruivamo con i libri delle barriere perché la compagna di banco non copiasse dalla vicina. Ciò mi dava molta molestia, e non perché io volessi agevolare la mia fatica sfruttando il lavoro di un'altra. Giunta l'ora della ricreazione, io tiravo fuori dal cestino il panino che avevo fatto aprire dal salumaio il quale vi aveva messo dentro un po' di tonno sott'olio. Qualche volta però rinunciavo al condimento e mangiavo un panino asciutto per comperare il legno di dulcamara con il soldino che mi dava la mamma per l’acquisto del companatico. Evidentemente c'era già sin d'allora nei fanciulli la tendenza a ruminare. Allora era il legno da cui si estraeva la liquirizia che mi piaceva tanto, oggi è invece la gomma americana.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

CRONOLOGIA ESSENZIALE DEI PROVVEDIMENTI RELATIVI ALLA SCUOLA ITALIANA 1859-1969
1859   (Presidente Consiglio, Cavour - Ministro della Pubblica Istruzione, Casati)
- Regio Decreto 13 novembre 1859, n. 3725   (Legge Casati): definisce l’ordinamento fondamentale della scuola italiana
- Obbligo dell’istruzione limitatamente al corso inferiore della scuola elementare la cui gestione è totalmente affidata ai comuni.

1860   (Presidente Consiglio, Cavour -Ministro della Pubblica Istruzione, Mamiani)
- Regolamenti per vari ordini di scuole (R.D. 4151);
- Programmi per le scuole elementari (R.D. 4336)

1862   (Presidente Consiglio, Ricasoli, poi Rattazzi - Ministro della Pubblica Istruzione, Casati; poi Mancini, poi Matteucci)
- Insediate dal ministro Matteucci due commissioni di studio per le riforme della scuola elementare e della scuola secondaria (R.D. 939)

1863   (Presidente Consiglio, Farini; poi Minghetti -Ministro della Pubblica Istruzione, Amari)
- Insediamento di una commissione per studiare le condizioni dell’istruzione pubblica in Italia (R.D. 1179)
- Regolamento per gli esami di ammissioni all’insegnamento (RR.DD. 1309 e 1329)
1864   (Presidente Consiglio, Minghetti-Ministro della Pubblica Istruzione, Amari)
- Regole per la compilazione delle statistiche sulla pubblica istruzione (R.D. 2028)

1865   (Presidente Consiglio, La Marmora -Ministro della Pubblica Istruzione, Natoli)
- Pubblicazione dei risultati della commissione sulle condizioni dell’istruzione pubblica
- Soppressione del posto di “direttore spirituale” negli istituti tecnici (R.D. 2254)
- Regolamento organico per i consigli scolastici provinciali (R.D. 2471)

1866   (Presidente Consiglio, La Marmora; poi Ricasoli - Ministro della Pubblica Istruzione, Berti)
- Creazione delle prime scuole per adulti (R.D. 2860)
- Riforma del regolamento dell’Amministrazione centrale della pubblica istruzione (R.D. 3382)

1867   (Presidente Consiglio, Ricasoli, poi Rattazzi - Ministro della Pubblica Istruzione, Correnti, poi Coppino)
- Istituzione delle “scuole di metodo” per la formazione dei maestri degli adulti (R.D. 3517)
- Riforma dei programmi delle scuole “normali” (R.D. 1942)
- Il ministro Coppino vara la riforma del regolamento del Consiglio Superiore della pubblica istruzione, l’istituzione del provveditorato centrale per gli studi primari e secondari, il regolamento dell’amministrazione scolastica provinciale (R.D. 4008)

1870   (Presidente Consiglio, Lanza -Ministro della Pubblica Istruzione, Correnti)
- Regolamento per l’istituzione dei corsi d’istruzione per maestri di scuole tecniche normali e magistrali (R.D. 5620)
- Con circolare del 29 settembre il ministro Correnti rende facoltativo - a domanda -l’insegnamento della religione nella scuola elementare

1874   (Presidente Consiglio, Minghetti -Ministro della Pubblica Istruzione, Cantelli)
- Istituzione, a Roma, del Museo d’Istruzione e d’Educazione (R.D. 2212)
- Nuovo regolamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione (R.D. 2299)

1876   (Presidente Consiglio, Minghetti, poi De Pretis - Ministro della Pubblica Istruzione, Bonghi, poi Coppino)
- Legge Coppino sullo “status” dei maestri elementari (L. 3250)

1877   (Presidente Consiglio, De Pretis -Ministro della Pubblica Istruzione, Coppino)
- Abolizione dei direttori spirituali nelle scuole secondarie (l. 3198)
- Legge Coppino 15 luglio 1877 n, 3968 che fissa l’obbligo scolastico fino ai nove anni, non indica più la religione tra le materie di insegnamento ma inserisce lo studio delle prime nozioni dei diritti dell’uomo e del cittadino.

1878   (Presidente Consiglio, De Pretis , poi Cairoli - Ministro della Pubblica Istruzione, Coppino, poi De Sanctis)
- Legge di finanziamento per l’edilizia scolastica per l’istruzione obbligatoria (R.D. 4460)
- Istituzione del “monte pensioni” per i maestri (L. 4646)
- Introduzione della ginnastica come materia obbligatoria nelle scuole (L. 4442)

1880   (Presidente Consiglio, Cairoli-Ministro della Pubblica Istruzione, De Sanctis)
- Nuovo regolamento per le scuole normali (R.D. 5666)
- Regolamento per le scuole serali e festive di complemento all’istruzione elementare obbligatoria (R.D. 5811)

1881   (Presidente Consiglio, Cairoli, poi De Pretis - Ministro della Pubblica Istruzione, Baccelli)
- Nuove norme per il conseguimento della patente di abilitazione all’insegnamento nelle scuole normali e femminili (R.D. 258)
- Norme sugli esami di licenza nella IV classe elementare (R.D. 272)

1883   (Presidente Consiglio, De Pretis -Ministro della Pubblica Istruzione, Baccelli)
- Nuovo regolamento per le scuole normali e magistrali (R.D. 1590)

1885   (Presidente Consiglio, De Pretis -Ministro della Pubblica Istruzione,Coppino)
- Testo unico sugli stipendi, la nomina e il licenziamento dei maestri elementari (R.D. 3099)

1886   (Presidente Consiglio, De Pretis -Ministro della Pubblica Istruzione, Coppino)
- Prima legge di limitazione del lavoro minorile (L. 3657)

1888   (Presidente Consiglio, Crispi -Ministro della Pubblica Istruzione, Coppino; poi Boselli )
- Nuovo regolamento per le scuole elementari (R.D. 5292)
- Nuovi istruzioni e programmi per la scuola elementare (R.D. 5724) compilati da Aristide Gabelli.
- Agevolazioni per l’edilizia scolastica anche per le scuole materne, per le secondarie e per i convitti (L. 5516)

1889   (Presidente Consiglio, Crispi -Ministro della Pubblica Istruzione, Boselli)
- Nuovo stato giuridico dei maestri elementari e aumento degli stipendi (L. 3798)
- Nuovo regolamento per le scuole normali (R.D. 6493)

1890   (Presidente Consiglio, Crispi -Ministro della Pubblica Istruzione, Boselli)
- Nuovi programmi per le scuole normali (R.D. 17.09.1890)

1892   (Presidente Consiglio, Giolitti -Ministro della Pubblica Istruzione, Martini)
- Nuovi programmi per le scuole normali (R.D. 689)

1894   (Presidente Consiglio, Crispi -Ministro della Pubblica Istruzione, Baccelli)
- Nuove istruzioni e programmi per le scuole elementari (R.D. 525)
- Rideterminato il “monte pensioni” per i maestri elementari (R.D. 597)

1895   (Presidente Consiglio, Crispi -Ministro della Pubblica Istruzione, Baccelli)
- Nuovo regolamento generale per l’istruzione elementare (R.D. 623)
- Nuove istruzioni e programmi per la scuole complementari e normali (R.D. 704)

1896   (Presidente Consiglio, Crispi, poi Di Rudinì - Ministro della Pubblica Istruzione, Baccelli, poi Gianturco)
- Riordinamento delle scuole complementari e normali (L. 293)

1897   (Presidente Consiglio, Di Rudinì -Ministro della Pubblica Istruzione, Codronchi)
- Nuovi programmi per le scuole complementari femminili e per le scuole normali maschili e femminili (R.D. 460)

1903   (Presidente Consiglio, Zanardelli -Ministro della Pubblica Istruzione, Nasi)
- Nuovo stato giuridico dei maestri (L. 45)

1904   (Presidente Consiglio, Giolitti -Ministro istruzione, Orlando)
- Riforma scuola elementare (L. 407), con prolungamento dell’obbligo ai 12 anni di età, riduzione della Scuole Elementare a 4 anni; istituzione delle classi V e VI, dette corso popolare.

1905   (Presidente Consiglio, Fittoni, poi Fortis - Ministro della Pubblica Istruzione, Orlando, poi Bianchi)
- Nuovi programmi per le scuole elementari (R.D. 43)
- Nuovo regolamento per il Consiglio superiore della pubblica istruzione (R.D. 653)

1906   (Presidente Consiglio, Fortis, poi Sonnino, poi Giolitti, - Ministro della Pubblica Istruzione, De Marinis, poi Boselli, poi Fusinato, poi Rava)
- Nuovo regolamento sugli stipendi dei maestri elementari (R.D. 581)

1908   (Presidente Consiglio, Giolitti -Ministro della Pubblica Istruzione, Rava)
- Nuovo regolamento generale sull’istruzione elementare (R.D. 150)

1909   (Presidente Consiglio, Giolitti -Ministro della Pubblica Istruzione, Rava)
- Nuovo regolamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione

1911   (Presidente Consiglio, Luzzatti, poi Giolitti - Ministro della Pubblica Istruzione, Credaro)
- Legge Daneo Credaro (L. 407). Le scuole elementari passano dalla dipendenza dei comuni a quella dello Stato
- Vengono istituiti obbligatoriamente in ogni comune i patronati scolastici

- Nuovo regolamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione (R.D. 424)
- Istituzione dei corsi magistrali (R.D. 861)

1914   (Presidente Consiglio, Salandra -Ministro della Pubblica Istruzione, Daneo)
- Per la prima volta vengomo emanate istruzioni, programmi e orari per gli asili infantili e i giardini d’infanzia (R.D. 27)

1917   (Presidente Consiglio, Borselli, poi Orlando - Ministro della Pubblica Istruzione, Ruffini, poi Berenini)
- Istruzioni didattiche, programmi e orari delle scuole magistrali per educatrici dell’infanzia (R.D. 444)

1923   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Pubblica Istruzione, Gentile)
-   Riforma Gentile   emanata attraversouna serie di Regi Decreti. Introduce l’obbligo scolastico fino a 14 anni, l’insegnamento della religione nella scuola elementare, istituisce l’Istituto Magistrale, ecc. Vengono introdotti programmi per le scuole elementari compilati da Lombardo Radice 1925 (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Pubblica Istruzione, Casati, poi Fedele)
- Testo unico sull’istruzione elementare e post-66 elementare (R.D. 432)
- Regolamento per le scuole private e pareggiate (R.D. 1084)

1926   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Pubblica Istruzione, Fedele)
- Nasce l’Opera Nazionale Balilla 1928 (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Pubblica Istruzione, Fedele, poi Belluzzo)
- Testo unico delle leggi sull’istruzione elementare (R.D. 577) e relativo regolamento generale (R.D. 1297)

1929   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Educazione Nazionale, Belluzzo)
- Il ministero della Pubblica Istruzione diventa dell’Educazione Nazionale
- Con il Concordato fra Stato e Chiesa viene introdotto l’insegnamento della Religione nelle scuole di ogni ordine e grado.
- Compilazione e adozione del libro di testo unico di Stato per le classi della scuola elementare (L. 5)

1930   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Educazione Nazionale, Giuliano)
- In attuazione del Concordato, l’insegnamento della religione cattolica diventa obbligatorio, con possibilità di dispensa a domanda (L. 824)

1933   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Educazione Nazionale, Ercole)
- Passaggio allo Stato delle scuole elementari ancora gestite dai Comuni (R.D. 786)

1934   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Educazione Nazionale, Ercole)
- Introduzione della cultura militare nella scuola (R.D. 686)

1938   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Educazione Nazionale, Bottai)
- Testo unico sulla difesa della razza nelle scuole e istituzione di scuole elementari per bambini ebrei (R.D.L. 1630)

1939   (Presidente Consiglio, Mussolini -Ministro della Educazione Nazionale, Bottai)
- Passaggio dei Patronati Scolastici alla Gioventù Italiana del Littorio (R.D.L. 310)
- La Carta della Scuola di Bottai è presentata al Gran Consiglio del Fascismo

1940   - Entra in funzione la Scuola media riservata a coloro che avrebbero continuato gli studi

1943   - Dopo la caduta del Fascismo la scuola italiana vive drammaticamente l’ultima fase del conflitto

1945   (Presidente Consiglio, Bonomi, poi Parri; ministro, Arangio Ruiz, poi Barbareschi)
- Il ministero riassume il nome “della Pubblica Istruzione”
- Abolizione del testo unico di stato per le scuole elementari (D.L.Luog. 714)
- Nuovi programmi per la scuola elementare (D.L.Luog. 549) detti Programmi Woshburn
- Sospensione di varie norme emanate tra il 1935 e il 1943

1947   (Presidente Consiglio, De Gasperi -Ministro della Pubblica Istruzione, Gonella)
- Istituzione di una commissione nazionale d’inchiesta sulla scuola (DM 12.4.1947)
- Istituzione della scuola popolare contro l’analfabetismo (D.L.C.P.S. 1599)
- Riordinamento dei patronati scolastici (D.L.C.P.S. 457)

1948 - I° gennaio, entra in vigore la Costituzione

1955   (Presidente Consiglio, Scelba - Ministro della Pubblica Istruzione, Ermini)
- Programmi per le scuole elementari (DPR 503) in vigore fino al 1985

1957   (Presidente Consiglio, Zoli - Ministro della Pubblica Istruzione, Moro)
- Introduzione dei cicli didattici nella scuola elementare (L. 1254)

1958   (Presidente Consiglio, Zoli, poi Fanfani -Ministro della Pubblica Istruzione, Moro)
- Riordinamento dei patronati scolastici (L. 261)
- Orientamenti per la scuola materna (DPR 584)
- Programmi per l’insegnamento dell’educazione civica (DPR 585)

1962   - Nasce la Scuola media Unica

1964   (Presidente Consiglio, Moro - Ministro della Pubblica Istruzione, Gui)
- Libri di testo gratuiti per la scuola elementare (L. 719)

1968   (Presidente Consiglio, Moro, poi Leone -Ministro della Pubblica Istruzione, Gui, poi Scaglia)
- Istituzione della scuola materna statale (L. 444)

1969   (Presidente Consiglio, Rumor -Ministro della Pubblica Istruzione, Sullo, poi Ferrari Aggradi)
- Nuovi orientamenti per la scuola materna (DPR 647)

 

 

 

Le aule 

Nell’arredo delle classi balza in evidenza anzitutto la trilogia iconografica rappresentata dal crocefisso con ai lati il ritratto del Re e del Duce, eventualmente accompagnati da scritte inneggianti alla Patria, al combattimento, all’eroismo. Alle pareti le immancabili carte geografiche dell’Italia e delle colonie d’Africa.
Altro elemento fondamentale dell’arredo delle classi elementari è il banco scolastico.
In alcuni casi ogni scolaro doveva farsi costruire un suo banco personale che riportava a casa alla fine di ogni anno scolastico. Ben presto però il Ministero impartì norme indicative sulle caratteristiche che dovevano avere i banchi scolastici, anche se queste indicazioni venivano poi reinterpretate dagli artigiani locali che effettivamente procedevano alla loro realizzazione.
Normalmente era a due posti con gli scrittoi ribaltabili e inclinati verso i sedili, fissati alla pedana. Sull'asse orizzontale erano incastrati due calamai di vetro o porcellana. Il banco è senza dubbio uno degli elementi fondamentali dell'arredo scolastico.
Fino agli anni '50 era fatto di legno, un "monovolume biposto", come direbbero gli architetti. Un piccolo spazio che, fra struttura e raccomandazioni della maestra, imponeva agli alunni di star composti, senza "ciondolamenti".
Poi, negli anni '60 tutto cambiò. I vecchi banchi furono accatastati e sostituiti con quelli di formica verde, di altezza più o meno standard e con le sedie separate.

 

 

 

Teatri, refettori, dormitori, palestre
I luoghi nei quali “si fa scuola” e collegati alle attività didattiche, sono
anche i teatri, le palestre, i refettori, i dormitori.
In molti casi le immagini qui riprodotte ispirano davvero malinconia come, ad es., quella fotografia di inizio secolo del dormitorio del collegio femminile S. Giuseppe di Venezia, o quella della mensa posta all’interno di una baracca a Nervesa della Battaglia (TV) e risalente agli anni ’30, dove si scorgono i bimbi consumare la loro refezione su ciotole di alluminio. Come si è già evidenziato le scuole e gli istituti urbani hanno a disposizione con più facilità strutture adeguate rispetto alle scuole di campagna. Già negli anni ’30-’40 il Nobile Collegio femminile Dimesse di Padova poteva vantare una palestra adeguatamente attrezzata, mentre nelle scuole elementari pubbliche difficilmente questo avveniva. L’introduzione della ginnastica come materia obbligatoria nelle scuole era avvenuta già nel 1878, con la Legge 4442. Nel 1934 poi viene introdotta nella scuola la pratica e la cultura militare obbligatoria dagli 8 ai 21 anni e un anno dopo viene introdotta anche l’istruzione militare e premilitare come materia di studio.
Anche in questi ambienti dedicati all’attività fisica come nelle mense e nei teatri, vengono introdotte scritte o elementi iconografici finalizzati alle parole d’ordine “Credere, obbedire, combattere”.

 

Come imparai ad amare i libri e la storia   Benedetto Croce (1866-1952)
Quando torno alla mia più lontana fanciullezza per ricercarvi i primi segni di quel che poi son diventato, ritrovo nella memoria l'avidità con la quale chiedevo ed ascoltavo ogni sorta di racconti, la gioia dei primi libri di romanzi e di storie che mi furono messe o mi capitarono tra le mani, l'affetto pel libro stesso nella sua materialità, sicché a sei e sette anni non gustavo maggior piacere che l'entrare, accompagnato da mia madre, in una bottega di libraio, guardare rapito i volumi schierati nelle scansie, seguire trepidante quelli che il libraio porgeva sul banco per la scelta e recare a casa i nuovi preziosi acquisti, dei quali perfino l'odore di carta stampata mi dava una dolce voluttà. Mia madre aveva serbato amore ai libri da lei stessa letti nell'adolescenza, nella sua casa di Abruzzo, appartenenti quasi tutti alla letteratura romantica di costume medievale; e già prima dei nove anni io conoscevo questa sorta di letteratura, dai racconti del buon canonico Schmid ai romanzi di Madame Cottin e di Tommaso Grossi che erano allora i miei preferiti; e rammento che una volta, parlandosi tra compagni di scuola d'imprese militari, uscii a sentenziare che due erano stati i grandi guerrieri, Malek-Adel e Marco Visconti.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri - Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

Il clarinetto   Francesco Chiesa (1871-1973)
Un giorno che tirava un ventaccio proprio da San Martino e noi, inchiodati ai nostri posti, si borbottava intirizziti, e nessuna bella storia bastava a inescarci un briciolo d'ilarità (spenta la stufa; fino a Santa Caterina, giorno venticinque novembre, non era ammesso che nelle scuole si potesse aver freddo), quel pessimo giorno dunque, il nostro maestro chiuse il libro, aprì il cassetto della cattedra e ne trasse una cosa lunga e lucente che abbarbagliava... ma sì! un clarino! un vero clarino... E si mise a sonare.
Fu come se cessasse ad un tratto di fare freddo, di fare brutto. Entrava ancora sì, dalle fessure, qualche freccia di vento, ma come per giuoco e non faceva più male. Guardando dalle finestre, non so se gli altri, ma io ebbi la convinzione di vedere una stagione nuova: uno di quei bei cieli inquieti di marzo o d'aprile, attraversato da fughe di nuvole meravigliose; lucenti alcune, che vincevano il sole, pazze di gioia se l'impeto della corsa strappava loro qualche ciocca, qualche velo; altre nere nere, cariche d'inverno, e il vento le scacciava sonando anche lui un suo grande clarino...
Finito ch'ebbe la sonata, il maestro disse: - E adesso, ragazzi, chi vuol venire, si va fino a San Giorgio, a metterci in moto il sangue.
Tutti, manco dirlo! ci precipitammo dietro lui, che aveva rimesso alla bocca il suo clarino magico; e su, per il sentiero che mena all'altura di San Giorgio, attraverso un nugolo di foglie. Il terreno era duro e sonante; candelette di ghiaccio pendevano alle rupi; i rami dei castagni e dei noci si percotevano fieramente tra di loro, come una finta battaglia; la gente che incontravamo aveva l'aria di trovare che faceva un freddo cane e che noi eravamo matti da legare. Matti loro!
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

 

 

Gli alunni
Colpisce in queste fotografie anzitutto la povertà di molti scolari. Una immagine ci presenta un ragazzo con scarpe enormi rispetto alla sua taglia: è un segno chiaramente indicativo della sua estrazione sociale, della povertà della famiglia, ma tante altre immagini ci mostrano questi scolari con scarpe di varia foggia tra le quali spiccano le tradizionali “sgalmare”, con le suole rinforzate da innumerevoli “brocche” (bullette) e puntali metallici. In altre fotografie, invece, notiamo l’abbigliamento elegante di alcune bambine, segno di censo diverso. Moltissime delle fotografie riprodotte in queste pagine appartengono al periodo tra le due guerre mondiali o addirittura realizzate durante gli anni stessi dei conflitti, anni nei quali l’esigenza primaria era procurarsi il cibo, magari con la tessera. Tutto il resto veniva trascurato, compresa la scuola e l’analfabetismo dilagava. Molti indossano vecchi vestiti, rattoppati, tramandati di padre in figlio e ridotti per l’occasione. I ragazzi d’estate camminavano scalzi e solo nella stretta necessità calzavano le scarpe: non deve stupire pertanto se tra gli scolari in posa per la foto ricordo ne spunta qualcuno a piedi nudi.
Va considerato che nell’800, ma anche durante i primi 40 anni del ’900, era altissimo il numero dei bambini avviati al lavoro minorile negli opifici o nel lavoro dei campi, per tutta la giornata o parte di essa . Molti dovevano percorre poi grandi distanze a piedi per recarsi a scuola, in aule d’inverno malamente riscaldate.
Frequentemente accadeva che fosse chiesto agli stessi scolari di portare a scuola della legna, visto che le finanze a disposizione della scuola non erano sufficenti. Le difficoltà della vita allora erano davvero molte e si comprende allora perchè, più ci si allontana dagli anni ’60 del ’900, per risalire a ritroso la china della storia, gli sguardi degli alunni sono spesso cupi, spenti, tristi.

 

La fotografia di gruppo   Domenico Rea (1921-1993)
A me basta il fatto che questo mondo infantile che sembrava seppellito per sempre nei fondi della mia memoria sia venuto a galla dall'occasionale scoperta di un “ritratto scolastico” di venti e più anni fa.
In esso erano riprodotte quattro righe, quale di dodici e quale di tredici scolari. I ragazzi della riga inferiore nascondevano il grosso del corpo di quelli della riga superiore, dei quali si vedevano solo parte del petto, delle spalle e della testa, esclusi quelli della prima riga, ai due lati del maestro, fotografati per l’intera persona. Osservai che la disposizione a gradinate, tipica di questi ritratti, si trasformava anche in un ordine morale e sociale. I ragazzi della prima riga infatti erano tutti ben vestiti, pettinati e lustrati e col maestro formavano un gruppo a parte, indipendente, con un'altra luce; e tra essi e i ragazzi della seconda riga, non mostrabile per intera e più affollata, pareva ci fosse uno steccato che li trattenesse là dietro. Un’ansia d'irrompere in avanti si notava chiaramente nei loro volti. Ma tra i ragazzi della terza e quarta fila, immobili, impalati e tetri, non c'era una sola allusione all'infanzia. Avevano ricevuto l’ordine di mettersi là sopra. E avevano ubbidito. Forse non c'era stato nemmeno bisogno dell’ordine.
Sapevano da parecchio tempo che, in classe o in cortile, era quello il loro posto e spontaneamente erano saliti su quella sorta di banchi di accusa. Due righe di facce piatte, piccole, grosse, ossute, coperte di schifosi capelli che scavalcano le orecchie. Essi rendono indimenticabile il ritratto, non per l'aria di vittime, che non hanno, ma di rigida, muta e incompresa ignoranza.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vitascolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti ecommetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin.UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

I maestri
Uno dei problemi tradizionali della scuola italiana dell’800 è stata la mancanza di maestri e quindi la necessità della loro formazione.
La nascita della classe insegnante affonda le sue radici alla fine del ’700, quando iniziano brevi corsi per la formazione col metodo normale, a cui succedono più lunghi corsi di metodica, poi la scuola normale triennale ed infine l’istituto magistrale di
quattro anni.
Da una prevalenza di maestri ecclesiastici ad inizio ottocento, si passa ad una prevalenza laica maschile a metà del secolo, per giungere ad una laica femminile ad inizio del ’900.
Con il R.D. 10 ottobre 1867 n. 1942 veniva richiesto all’insegnante “zelo del proprio ufficio, esemplarità di contegno, amore allo studio e alla fatica, religione, probità, amore di patria, rispetto dell’autorità”.
Durante il fascismo viene imposto agli insegnanti addirittura di giurare fedeltà al regime.

 

La mia maestra   Luigi Meneghello (1922)
Le tre dita della maestra scendendo dall'alto, grosse, tese, forcute, parvero a Bruno una trappola spaventosa; capì che c'era in aria il progetto di far fare anche a lui la stessa cosa, col Pollice l'Indice e il Medio, ed ebbe la certezza che non ci sarebbe mai riuscito. Le tre dita in discesa gli parevano gigantesche, deformi e sempre più vicine al suo naso. Si sentì in pericolo immediato e si mise a gridare: dovettero allontanare tutte le Penne, e dargli delle Mentine. La maestra Prospera non era una donna, per noi, ma un fatto della natura, come il campanile, I'Arciprete, la piazza. Avvertivamo tuttavia, dalla foggia antica dei capelli, dalla pronuncia forse, che c'era in lei qualche cosa di arcaico. Era infatti una donna all'antica~ che premiava con le mentine di zucchero colorato e puniva con piccoli colpi di bacchetta sulle nocche delle mani. Qualche volta ci metteva in ginocchio dietro la "tavola nera" sui chicchi di sorgo; spesso ci mandava in castigo, al pianterreno. Viveva ritirata, e quando si lasciava la sua scuola la si perdeva quasi completamente di vista. Morì dopo la guerra, quando io ero ancora in paese, e la portammo a seppellire proprio noi alunni della mia generazione, io Mino Faustino e Guido~ Eravamo disorientati e rattristati, e ci ripetevamo le frasi che scoprimmo di saper tutti a memoria. Questa mattina ho aperto le imposte e ho visto il sole. Poi mi sono lavato la faccia, le orecchie e il colo. Mi sono vestito e petinato~ Dopo aver mangiato il caffelatte io sono andato a scuola. La mia scuola è posta in via Borgo ed è bella e spaziosa. La mia maestra si chiama Prospera Moretti.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione.

 

 

 

La giornata scolastica
Negli anni dell’Unità d’Italia in Veneto, come del resto nella gran parte delle regioni d’Italia, si parlava in dialetto e regnava l’analfabetismo.
Da qui l'esigenza di una scuola che impartisse i rudimenti essenziali del leggere, dello scrivere e del far di conto. C’era un netto contrasto tra la scuola e la vita attiva del bambino nel suo ambiente quotidiano (dove era in contatto con il dialetto, con il gioco, con mestieri artigianali e domestici, che lo educavano) ma dove non trovava quegli strumenti educativi e formativi di grado superiore che solo la scuola poteva offrirgli. Allora il bambino, era considerato un vaso da riempire, meccanicamente imparava dal maestro dei concetti per lui astratti.
Nonostante i rinnovamenti apportati dai programmi del 1923 e del 1945, il nozionismo nella scuola perdurò fino alla attuazione dei programmi del 1955.
La scuola tradizionale fu una scuola passiva, una scuola, cioè, che obbligava l'allievo a starsene immobile nel suo banco a subire la lezione cattedrattica del maestro che impartiva dall'alto i suoi insegnamenti. Tutto nella scuola di allora è indice di questa passività: il banco scolastico dove il corpo è rigidamente costretto; gli orari e i programmi; i libri di testo, conformi a un enciclopedismo di bassa lega; il modo di condurre la lezione da parte dell'insegnante ;l'interrogazione basata sulla pedantesca ripetizione di quanto ha detto l'insegnante o quanto è scritto sul libro, eccetera.
La scuola pubblica impartita dallo Stato nel primo sessantennio della sua unità ebbe come finalità la formazione del cittadino con i suoi diritti e doveri, rispettoso della famiglia, della società, dello Stato.
La grande riforma di Giovanni Gentile, che introduceva elementi di progresso rispetto alla tradizione, non fu una creatura del fascismo ma fu snaturata dai propositi totalitari del regime che intendeva l'educazione come formazione del cittadino al servizio dello Stato e non come formazione della persona umana.
Ogni alunno doveva così saper cantare “Giovinezza”, “Fischia il sasso” e “L’inno a Roma”.

 

Quanti ricordi in una copertina di quaderno   Luigi Meneghello (1922)
Giornata in solaio dove c'è, in tre o quattro casse e sparsa per terra, la storia della nostra famiglia, specie di noi figli, un caos di quaderni, conti, lettere, libri scompaginati. Le rilegature dei libri di scuola e le copertine colorate dei quaderni tornano a galla, sorprendenti e familiari come visi dal mondo dei sogni. Ci sono le cartoline illustrate che la mamma mandava al papà quando erano morosi; i quadretti della prima comunione; le riviste degli anni venti che erano già antiche quando vi cercavamo le donne con le còttole sopra il ginocchio; diari, disegni, composizioni di ginnasio, di liceo, d'università; lettere di amici e di ragazze.
Nulla di tutto questo ha la forza di un quadernetto che una mano incerta ha intitolato di “Righe”, coi Pensierini interposti tra Problemi e Dettati, e il balbettio dialettale, l’ortografia paesana del bambino che fui quando ero in “Seconda Classe”.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

Leggere, scrivere, pensare   Luigi Meneghello Neera (1846-1918)
A scuola non ci andavo volentieri. Tranne le lezioni di italiano, tutto il resto mi era indifferente; non fui mai una scolara modello.
La mia direttrice era una zitellona rubizza, che prendeva il suo stato in santa pace, buona, sorridente, calma; disgraziatamente non le ero simpatica e la brava donna faceva sforzi veramente meritori per non sgridarmi che quel tanto indispensabile.
La rivedo perfettamente colle sue guance di mela appiola, i capelli lisci a bandò, l'abito color granato, il grembiale nero; vedo poi con una lucidità portentosa il cordoncino dell'orologio sul quale ella passava e ripassava la mano intanto che parlava, una mano grassoccia e rossa di persona pacifica.
Tratto da: “A Scuola nell’Italia di ieri-Ricordi di vita scolastica tra ’800 e ’900”. Raccolta di brani introtti e commetati da Francesco De Vivo e Patrizia Zamperlin. UNIPD. Dipartimento di Scienze dell’Educazione. 1995

 

 

 

Dopo la scuola... la colonia
N ell’800 e a cavallo delle due guerre mondiali il Veneto visse una situazione sociale difficile, in particolare nelle periferie delle città industriali e nelle campagne, dove gran parte della popolazione combatteva contro la fame e l’indigenza, mentre la “pellagra”, la tisi ed altre malattie imperavano assieme all’alta mortalità infantile.
Nel 1911 vennero istituiti i patronati scolastici: da allora nacquero le colonie alpine e montane che avevano lo scopo di rinvigorire il fisico di bambini in gran parte malaticci.
Durante il periodo fascista gran importanza si attribuiva alla “assistenza, l’educazione fisica e morale della gioventù”, motivo per cui nel 1926 venne creata l’Opera Nazionale Balilla.Museo dell’Educazione. UNIPDCosì gli scolari dai sei agli otto anni divennero “Figli della lupa”, quelli tra gli 8 ed i 14 anni divennero “Balilla” e “Piccole italiane” le bambine di pari età. Due anni dopo per le passeggiate degli scolari viene introdotto l’ordine di marcia per tre, “gloria delle legioni romane e vanto delle legioni fasciste”.
Nel Veneto anche numerosi industriali illuminati, fino agli anni ‘60 del ‘900, si occupano di alleviare le condizioni degli scolari indigenti, in particolar modo figli di propri dipendenti, offrendo loro l’opportunità di frequentare doposcuola, colonie marine e montane od offrendo la refezione scolastica.

 

 

 

La Scuola Enologica “G.B.Cerletti” di Conegliano
L’Istituto è sorto 125 anni fa, esattamente nel 1876, dieci anni dopo l’annessione del Veneto all’Italia, su strutture preesistenti, come Regia Scuola di viticoltura ed enologia, e fu il primo in Italia con tale specializzazione.
Propugnatori furono due grandi coneglianesi: Francesco Gera e Antonio Carpené, ricordati nell’Istituto da due bei monumenti; direttore per i primi dieci anni fu Giovan Battista Cerletti, cui l’Istituto è intitolato. Fin dall’inizio fu organizzato un Convitto e furono attivati una Cantina sperimentale inserita nell’azienda agraria, un laboratorio di chimica aperto al pubblico, un Osservatorio meteorologico.
Dopo le distruzioni della Prima Guerra Mondiale, l’Istituto venne praticamente rifondato dall’allora direttore Michele Giunti con la collaborazione di Giovanni Dalmasso, che gli succedette, e di Arturo Marescalchi, ex allievo e insegnante (allora deputato, ma poi senatore e sottosegretario all’agricoltura) e fornito di una nuova sede, l’attuale, inaugurata nel 1924 da Benito Mussolini. Dopo il 1933, la vecchia Scuola prese il nome di Regio Istituto Tecnico Agrario.
Negli Anni Venti, venne istituita ed operò la Stazione Sperimentale di Viticoltura, che poi divenne l’attuale Istituto Sperimentale autonomo, incaricato di coordinare la ricerca viticola in tutta Italia. Per merito del preside Luigi Manzoni (incrocio Manzoni), l’istituto si riprese anche dopo le rovine causate dal Secondo Conflitto Mondiale.
Nel corso della sua storia, l’Istituto ha acquisito grande prestigio per la presenza, tra i suoi Docenti, di importanti personalità che hanno lasciato una significativa impronta nel campo della ricerca agraria e, in particolare, di quella viticolo-enologica e che, a tutt’oggi, ben opera nel preparare figure professionali al passo con le nuove tecnologie e le nuove tendenze.
Recentemente, la Provincia di Treviso, proprietaria degli immobili e dei terreni, ha provveduto alla realizzazione di nuovi vigneti, alla ristrutturazione della cantina e dei laboratori di chimica e alla progettazione di una enoteca.
L’Istituto è stato sede anche di una Scuola diretta a fini speciali in Viticoltura ed Enologia e, dall’anno accademico 2000/01, del Corso di Diploma Universitario in Viticoltura ed Enologia della Facoltà di Agraria dell’Università di Padova.
L’istituzione scolastica attuale oltre all’istituto Tecnico agrario “Cerletti” - Scuola Enologica, comprende l’istituto professionale per l’agricoltura “Corazzin”, la cui ex-sede di Colle Umberto è ora ubicata presso i locali della scuola di Conegliano, mentre la sede di Piavon di Oderzo rimane nella sua sede storica.

 

La storia della Scuola Enologica
Nel lontano 1768 nasce in Conegliano l’Accademia dell’Agricoltura, in seno all’Accademia degli Aspiranti fondata nel 1603. L’associazione raccoglieva le intelligenze del territorio in ambito agricolo, viticolo ed enologico.
Dai primi trattati emerge la volontà di valorizzare il territorio attraverso il miglioramento qualitativo dei prodotti, l’introduzione della Scienza al posto dell’empirismo e l’educazione dei giovani in campo agricolo.
Nella seconda metà del XIX° secolo comparvero in Europa, importati dall’America, oidio, peronospora e fillossera i cui effetti negativi provocarono danni alle colture ed alla qualità dei vini. Queste malattie obbligarono gli addetti ai lavori a sviluppare la ricerca, la sperimentazione, e trasformare così l’empirismo tradizionale in scienza applicata, dando vita alla viticoltura moderna.
Nel 1868 per iniziativa della Deputazione provinciale di Treviso fu fondata la Società enologica trevigiana allo scopo di migliorare la qualità dei vini e di renderli commerciabili all’estero.
Si profilava anche l’esigenza di una scuola come centro di ricerca, di apprendimento e diffusione delle nozioni tecnologiche più avanzate nel campo agricolo in generale e in quello viticolo-enologico in particolare.
Sotto lo stimolo di Caronelli e Benedetti prima e di Cerletti e Gera poi, viene recepita la necessità di creare una scuola che preparasse dei tecnici capaci di imprimere un nuovo corso alla nostra produzione vitivinicola.
Il Gera infatti il 10 gennaio 1864 inaugura il primo esperimento di Scuola agraria delle province venete. Sostenuta dalle amministrazioni locali, Comune di Conegliano in testa, dotata di 7 campi coneglianesi (3,5 ettari) per le sperimentazioni pratiche e di due validissimi insegnanti quali Antonio Carpenè e Angelo Vianello, si propose, in due anni, di formare degli esperti agricoltori. Purtroppo nel 1867 alla morte del suo fondatore la scuola fu lasciata cadere.
Ma le idee del Gera non andarono perse, perché un decennio più tardi, il governo italiano volle fondare un istituto che rispondesse alle esigenze della nuova agricoltura e della nuova enologia. Conegliano si offerse generosamente, senza badare se il sacrificio finanziario che le si chiedeva fosse proporzionato alle sue forze.
Il Cerletti presentò al Governo un dettagliato progetto per la realizzazione della Scuola che prevedeva tutto: era proposta istitutiva, era piano di studi, era relazione economica, era progetto politico, Carpenè vi collaborò intensamente ed importante fu la sua relazione inviata al Governo sulle condizioni dell’industria vinicola nel Veneto, il Comune di Conegliano offrì, oltre ad un importante contributo economico, il sito per realizzare la scuola, l’aiuto finanziario della Provincia di Treviso, che vedeva nel Caccianiga, Presidente della Deputazione Provinciale, un grande fautore, e l’appoggio delle province di Belluno, Rovigo e Udine, portarono il Governo ad accettare la proposta, scartando le altre candidate.
Con il Regio Decreto n° 3196 del 9 luglio 1876, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 171 del 24 luglio 1876 nasce in Conegliano la prima Scuola Enologica Italiana e G.B. Cerletti viene nominato direttore.
L’articolo 1 del decreto riporta le testuali parole: “È istituita a Conegliano una Scuola di viticoltura ed enologia. In essa sarà impartito l’insegnamento teorico-pratico di tutto ciò che riguarda la coltivazione della vite e la fabbricazione di vino in modo da formare individui atti:
a) all’insegnamento della scienza e della direzione di Aziende e di Società enologiche;
b) all’esercizio pratico della vigna, e della preparazione e conservazione dei vini.”
Furono istituiti due corsi, uno inferiore destinato a quei giovani che desideravano formarsi una cultura soprattutto pratica, ed uno superiore per giovani maturi che si prefiggevano di ottenere un ampio corredo di conoscenze tecniche e scientifiche. Lunedì 15 gennaio 1877 ebbe luogo la solenne inaugurazione ed il giorno successivo iniziarono le lezioni di entrambi i corsi. Il corpo docente era formato da un gruppo di validissimi insegnanti e gli allievi ogni anno crescevano di numero. La scuola fu presto ampliata, nel 1883 venne costruito il convitto capace di ospitare 30 allievi e fu costruita una stalla capace di 14 capi di bestiame.
Il Cerletti istituisce dal 1879 al 1886 un Corso di perfezionamento magistrale, biennale per laureati ed enotecnici alla scopo di perfezionarli e prepararli all’insegnamento.
Nel 1881 il Ministero dell’Agricoltura dava incarico alla direzione della Scuola di organizzare un Concorso internazionale di attrezzi, macchine e strumenti per la viticoltura, l’enologia e la distillazione fu un successo memorabile.
In occasione del 25° anniversario della fondazione della scuola (1902), fu inaugurata presso gli adiacenti padiglioni del Corso Inferiore la prima Esposizione Internazionale di macchine enologiche e vini.
Nel 1923, per coronare l’opera, cominciò a funzionare, presso la Scuola, la Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia, naturale fonte di cultura, ricerca, scienza ed aggiornamento cuiattingevano docenti ed alunni, con l’obiettivo di trasferirle poi al mondodel lavoro.
Le memorie storiche della Conegliano viticolo-enologica sono numerose ed imponenti, testi e documenti parlano chiaro e rendono giusta gloria agli illustri studiosi; la qualità di questi uomini, il loro entusiasmo, la loro passione, la loro dedizione, l’efficienza di queste istituzioni e la loro politica, delinearono il profilo della città assegnandole, di fatto, un ruolo di avanguardia viticola, di laboratorio del vino e di punto di riferimento in campo scientifico per la vitienologia mondiale. Il fatto che il nome di Conegliano nel mondo fosse saldamente legato alla storica azione formativa della Scuola Enologica ed all’intelligenza della Fondazione per l’Insegnamento Enologico che ne gestiva il progetto didattico, è confermato dai nomi di suoi grandi direttori, Giunti, Dalmasso, Manzoni e di famosi studiosi che vi hanno insegnato come il Carpenè, Comboni, Cuboni, Pichi, Ronchi, Sannino, Puppo ecc. e dagli ex allievi che hanno mantenuto alto il nome di scuola e città all’estero come Romeo Bragato in Nuova Zelanda (ogni anno, in questo lontano paese, gli è dedicato un congresso), Celeste Gobbato in Brasile e Carlo Spegazzini in Argentina.
Ora, dopo un lungo periodo di latenza, durante il quale si era un po’ persa la memoria di tale ricchezza storico-culturale, è in atto il recupero sotto tutti i profili del comparto viticolo-enologico che è parte integrante della nostra cultura, del nostro territorio e contribuisce in modo cospicuo al bilancio economico dell’intera provincia.
Anche oggi, come negli anni della nascita della Scuola Enologica, la Provincia di Treviso ed il suo presidente dottor Luca Zaia (Presidente anche della Fondazione per l’Insegnamento Enologico) sono stati fondamentali per il vasto e qualificato lavoro di ristrutturazione e di rilancio della Scuola Enologica che oggi ritorna ad occupare un posto di primaria rilevanza diventando anima, fulcro e motore del nostro settore.
La cultura è il mattone fondamentale per la crescita e lo sviluppo dell’uomo e di tutte le attività che lo coinvolgono, senza un’adeguata struttura scolastica che si occupi della preparazione dei giovani Enotecnici e Periti agrari, non possiamo pensare ad un futuro per questo imprtante settore, il Cerletti ed il Carpenè lo avevano capito già nell’Ottocento quando progettarono e diressero questa magnifica Scuola.
L’istituzione scolastica attuale oltre all’istituto Tecnico agrario “Cerletti” - Scuola Enologica, comprende l’istituto professionale per l’agricoltura “Corazzin”, la cui ex-sede di Colle Umberto è ora ubicata presso i locali della scuola di Conegliano, mentre la sede di Piavon di Oderzo rimane nella sua sede abituale.
(da “La Scuola Enologica di Conegliano” di Mario Ulliana. 1992. Ediz. Canova)

 

 

 
 

Treviso, 04 ottobre 2010

 

 
 
 
 
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